Il “gap verde” dell’Italia

Il “gap verde” dell’Italia

Soffriamo di “gap verde”. Oltre a quello del debito pubblico eccessivo, tra i molti rilievi che la Commissione Europea ha mosso all’Italia rientra anche una reprimenda sugli scarsi investimenti “green”. Secondo Bruxelles, infatti, l’Italia dovrebbe puntare di più su infrastrutture energetiche e di trasporto sostenibili per arrivare ai target ambientali fissati per il 2030. E non si tratta di qualcosa che dovremmo fare “solo” per etica, ma per l’ambiente da un lato e per la crescita economica dell’altro.

Gli “investimenti verdi” nel nostro paese sono cresciuti del 2,3% nell’ultimo anno, ma secondo l’Istat ammontano in totale a circa 1,4 miliardi, cioè meno dello 0,1% del pil. Troppo poco, anche perché più dell’80% proviene dalle piccole e medie imprese, mentre per quelle grandi, determinanti per indirizzare il sistema, si registra un calo dello 0,4%. E di questo ne risente tanto l’ambiente quanto l’economia.

Invece nella Penisola l’ambientalismo troppo spesso viene interpretato con i falsi miti della decrescita (in)felice o con l’estremismo del “no a tutto”, mentre la “green economy” potrebbe essere un volano di sviluppo. Ma per fare questo bisogna preferire la ferrovia (vedi Tav) al trasporto su gomma, il gas al petrolio, usare i rifiuti per produrre energia trasformando il riciclo in un’industria e le rinnovabili in qualcosa che funziona anche al di là degli incentivi. In Europa l’hanno capito, tanto che i Verdi alle ultime europee hanno ottenuto ottimi risultati (mediamente tra il 15 e il 20%), mentre in Italia si sono fermati a poco più del 2%.

Insomma, investire “green” sarebbe una scelta di progresso che crea lavoro e ricchezza e nello stesso tempo protegge la natura. E se con questa strategia si facesse deficit, sapendo che i frutti si raccoglieranno più avanti – si pensi alle auto elettriche, che stanno cominciando a diffondersi ora dopo i tanti miliardi spesi per anni – noi potremmo vedere il nostro pil risalire e Bruxelles non potrebbe certo condannarci. Anche perché la maggiore voce di spesa nel bilancio della Commissione Ue per il prossimo anno è proprio quella relativa alla crescita sostenibile, pari a 60 miliardi (+1,3% rispetto al 2019), un terzo di quella complessiva, mentre per ricerca e innovazione vengono stanziati 13,2 miliardi (+6,4%).

Insomma, profitto e ambiente non sono in contraddizione, ma in sinergia. Bruxelles l’ha capito, le imprese anche – visto che quelle che hanno investito in tecnologie per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni, ottengono le migliori performance – i cittadini ne sono consapevoli mentre la politica continua a ritmare slogan, e non va oltre le parole.

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