Se non cambia RDC, costretti ad assumere in nero

Se non cambia RDC, costretti ad assumere in nero

A nome dei 370 mila associati che rappresenta Confimprenditori, devo annunciare che a breve dovremo per forza autodenunciarci. Ad oggi è infatti sempre più difficile assumere persone mettendole in regola. La maggioranza di chi percepisce il Reddito di Cittadinanza non vuole un regolare contratto di lavoro, perché altrimenti perderebbe il diritto al sussidio di Stato. E noi, se non vogliamo fermare le nostre attività, siamo quindi obbligati a far lavorare le persone in nero visto che non troviamo chi è disposto farsi assumere secondo le regole.

Per questo, a nome mio e di tutti gli imprenditori che rappresento, voglio dire che il Reddito di Cittadinanza deve essere mantenuto, perché è giusto aiutare chi è in difficoltà. Tuttavia ci sono tante aziende che cercano lavoratori senza trovarli e il mercato del lavoro è totalmente disfunzionale. I Centri per l’Impiego, che dovrebbero mediare tra domanda e offerta di lavoro, offrendo un impiego ai percettori del RdC, non hanno mai funzionato e mai funzioneranno. Una situazione che evidentemente fa piacere a qualcuno che ci guadagna… E vorremmo sapere chi ha interesse in tutto ciò.

Comunque, per far ripartire l’Italia c’è bisogno delle imprese e le imprese hanno bisogno di lavoratori. Allora, perché non trasferire alle agenzie private di collocamento accreditate la gestione delle liste di chi è idoneo al lavoro? Da un lato, infatti, i Centri per l’Impiego sono in possesso di lunghi elenchi di idonei a lavorare, ma non le sanno gestire. D’altro canto, le agenzie private che ne sarebbero capaci non hanno personale iscritto e non hanno lavoratori. Se fossero tali agenzie a gestire il collocamento il sistema sarebbe più efficiente poiché in tempi brevi chiamerebbero tutti i destinatari del sussidio offrendogli un lavoro, senza dimenticare che possono anche fare formazione.

Tra l’altro, le agenzie private per il lavoro devono rispettare obbligatoriamente i parametri dei contratti collettivi nazionali di lavoro, per cui certo non si potrebbe parlare di sfruttamento. Chi invece non vuole un impiego ma solo il sussidio, e per questo rifiuta le offerte di lavoro, potrebbe essere prima segnalato e poi sanzionato con un dimezzamento del sussidio e infine, in caso estremo, con la perdita. Anzi, la proposta è una formula “a punti” in cui chi rifiuta il lavoro perde progressivamente il diritto al sussidio. Questa formula, che aiuterebbe sia le imprese che chi vuole lavorare, deve essere adottata immediatamente. E se non venisse fatto, a nome di tutti gli imprenditori in difficoltà nel trovare lavoratori, a nome dei nostri 370 mila associati, non escludo di andare a protestare direttamente sotto Palazzo Chigi.

Stefano Ruvolo,

Presidente di Confimprenditori

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