ULTIMA CHIAMATA PER L’ECONOMIA

ULTIMA CHIAMATA PER L’ECONOMIA

Le impressioni di settembre sono quelle delle occasioni sprecate. A sette mesi dall’esplosione dell’emergenza in cui abbiamo provato a salvare il salvabile, l’Italia non sembra avere alcuna strategia per ripartire. Saremmo dovuti rientrare dalle ferie con almeno qualche soluzione, mentre ci ritroviamo impreparati e senza più avere nemmeno l’alibi del blocco totale dovuto al periodo di lockdown. Sono infatti molte, troppe, le questioni rimaste in sospeso (il Mes, i progetti da presentare per il Recovery Fund, ma anche Ilva, Alitalia, Autostrade, come le centinaia di decreti attuativi che mancano), ma soprattutto non è chiaro quale sia l’indirizzo prossimo futuro da dare all’economia.

Questo autunno, per non essere del nostro scontento, dovrà essere governato, guidato, indirizzato. E non solo subito, rinviando e schivando le scelte più delicate come fatto finora. Oggi siamo infatti al bivio tra una ripresa, forse parziale ma comunque incoraggiante, e una stagnazione di lungo periodo. I primi dati ci dicono che sono 500 mila i posti di lavoro in meno nonostante il blocco dei licenziamenti, come mai era accaduto nella storia. E la variazione acquisita del pil, al momento è di -14,7%. Una catastrofe a cui dobbiamo reagire. Subito.

Certo, molto dipenderà dall’intensità del virus e dalla risposta sanitaria che saremo in grado di dare, ma anche dalle decisioni che prenderemo in economia. Finora abbiamo salvato il salvabile, a cominciare dai redditi, con una serie di bonus a pioggia e qualche incentivo specifico. Era necessario durante l’emergenza, ma non può durare per sempre perché così si aumenta ancora di più l’enorme quantità di debito che già pesa sul futuro delle prossime generazione. E soprattutto non aiuta la ripresa.

Invece, di quanto avremmo realmente bisogno – investimenti pubblici, riduzione e semplificazione fiscale, snellimento burocratico – nemmeno l’ombra. È vero che ci sono i fondi europei, ma finora nessuno ha idea di come verranno spesi. E per ogni progetto serve l’assenso di Bruxelles e degli stessi parlamenti nazionali. Per cui non sarà così semplice. Purtroppo, nel dibatto politico questi temi sono totalmente assenti. E, quindi, dopo essere stati rimandati a settembre, ci siamo arrivati impreparati. Serve una scossa.

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