Fare impresa: gli italiani vorrebbero ma lo Stato li scoraggia

Fare impresa: gli italiani vorrebbero ma lo Stato li scoraggia

Gli italiani studiano ma l’Italia non si applica. In materia di fare impresa, il mettersi in proprio, il tirar su la propria fabbrica resta uno dei sogni più comuni fra gli italiani ma a frenare ogni entusiasmo ci pensa il sistema Paese. Paura di fallire, mancanza di garanzie del lavoro dipendente e la percezione di uno Stato che mette i bastoni fra le ruote sono gli spettri che aleggiano sulla voglia di lavorare in proprio, almeno secondo un sondaggio di Randstad Workmonitor che fissa al 66% la percentuale di quanti ritengono l’Italia il paese meno adatto per la avviare una startup.

Soprattutto in un momento storico in cui il mercato del lavoro porta a valutare la possibilità di cambiare lavoro e di mettersi in proprio, il 64% delle persone pare rinunciate totalmente alla possibilità di avviare una propria attività perché considera troppo elevato il rischio di fallire. Due terzi degli intervistati ritengono, inoltre, che l’Italia non sia il luogo adatto a lanciare una startup e che lo Stato non le sostenga attivamente. Nell’indagine trimestrale emerge un forte clima di sfiducia attorno alle opportunità del lavoro autonomo. L’indagine condotta in 33 paesi del mondo su un campione di 400 lavoratori dipendenti per ogni nazione di età compresa fra i 18 e i 67 anni. Insomma, il rischio di impresa sembra non essere più una caratteristica tipica di chi decide di mettersi in proprio.

Manca la sicurezza di uno Stato che risponde in caso di esigenza. A rafforzare questo clima di generale sfiducia una serie di dati resi noti nei giorni scorsi: dal costante ritardo con cui la Pa paga le proprie commesse che potrebbe causare un deferimento dell’Italia davanti alla Corte di giustizia europea e l’eventuale imposizione di ammenda, all’allarme lanciato dalla Corte dei Conti che registra un cuneo fiscale di dieci punti superiore alla media europea. Il tutto a scapito delle Pmi, maggiormente colpite dalla tassazione elevata: sempre secondo la Corte dei Conti infatti il total tax rate stimato per un’impresa di medie dimensioni, testimonia un carico fiscale complessivo che penalizza l’operatore italiano in misura eccedente di quasi 25 punti sempre ripesto alla media delle imprese europee.

Incertezza, mancanza di sostegno, difficoltà a misurarsi con la globalizzazione ed eccessiva burocrazia sono perciò i freni che arrestano la libera iniziativa e rendono il fare impresa in Italia un miraggio.

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