IL RISCHIO BOLLA

IL RISCHIO BOLLA

Siamo a rischio bolla. Anzi tre, secondo il Fondo Monetario Internazionale che ha individuato una triade di pericolosi fenomeni gemelli e cioè il super-indebitamento privato, il boom dei prezzi degli immobili e il fenomeno dello shadow banking. Ora, sebbene questo allarme sia lanciato a livello globale e questi tre argomenti ci riguardino solo marginalmente, non dobbiamo credere di essere immuni. Anche perché gli effetti negativi si ripercuoterebbero prima di tutto sulle piccole e medie imprese, incolpevoli vittime, e sui loro lavoratori.

Anzi, il nostro Paese resta più a rischio di altri, visto l’elevato debito pubblico (al 133% del pil), gli scarsi margini di bilancio e quindi i ridotti mezzi per eventualmente intervenire con misure anticicliche, un’economia ancora fortemente bancocentrica, senza dimenticare il tasso di occupazione più basso d’Europa (dopo la Grecia), con una disoccupazione intorno al 10% (quella giovanile che supera il 30%). Perciò, senza aver imparato la lezione, potremmo ritrovarci ancora una volta il Paese più colpito da una crisi finanziaria internazionale, così come avvenne per il crack della Lehman Brothers. Dal 2008, infatti, siamo caduti nella più lunga e pesante crisi della storia repubblicana e 10 anni dopo, mentre gli altri hanno ampiamente recuperato e superato i livelli precedenti (in Europa, in media +5,5% di pil), noi ancora no (ci mancano ancora 3 punti).

Purtroppo, da allora abbiamo preso solo qualche marginale contromisura, tanto che la nostra capacità di reagire ad un eventuale shock, il nostro livello di resilienza – come lo definisce SwissRe, il più grande riassicuratore al mondo – è il più basso tra i 30 Paesi più sviluppati al mondo. Per cui, se anche non saremo noi a scatenare una nuova bolla, potremo esserne le vittime maggiori.

E c’è da essere preoccupati, perché oggi i derivati (che furono la ragione principale della catastrofe di dieci anni fa), ammontano a 2,2 milioni di miliardi di euro, vale a dire 33 volte il pil mondiale, il 25% in più del livello pre-crisi. Inoltre i debiti pubblici mondiali (a quota 55 mila miliardi di dollari) sono in media del 35% più alti rispetto al 2008, con un +40% nell’eurozona e +100% per gli Stati Uniti. E se ai rischi di una eccessiva finanziarizzazione, poi, aggiungiamo l’avvento delle criptovalute, la crescente guerra commerciale, un ritorno di fiamma dei protezionismi, il pericolo delle shadow bank cinesi e – last but not least – un problema di debiti privati (al 318% del pil mondiale, tra cui molti definiti come ‘spazzatura’ ) non possiamo che essere allarmati. A livello generale, certo, ma per l’Italia e le piccole e medie imprese ancora di più, dato che potrebbero ritrovarsi vittime innocenti di un gioco più grandi di loro.

 

 

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