Produttività perduta

Produttività perduta

Taglio del cuneo fiscale in arrivo. Bene, ma non troppo. Perché certamente in Italia è troppo alta la differenza tra quanto pagano le imprese e quanto riceve il lavoratore in busta paga, ma poi bisognerà capire quale sarà effettivamente la platea degli interessati, l’ammontare e la distribuzione del taglio, ma soprattutto avere presente che si tratta di solo tre miliardi.

Stiamo affrontando il problema superficiale, mentre quello profondo, viscerale del lavoro in Italia è l’assenza di produttività.

Le tasse  sono generalmente alte, specie se le si confronta con lo scarso livello dei servizi offerti. Se ci si focalizza poi sulle buste paga, la situazione diventa preoccupante. Secondo l’Ocse, l’Italia è al quinto posto tra i 34 Paesi più sviluppati per maggiori oneri a carico di imprese e lavoratori, pari al 47,7%. In pratica, per ogni 100 euro di retribuzione, allo Stato ne arrivano altri 91, di cui 45 dal lavoratore e 46 dall’azienda. Per quanto riguarda i soli contributi, la quota versata è più alta in Francia (52 euro), poi c’è l’Italia (46 euro) e a seguire gli altri, come la Spagna a 38 e la Germania a 32. Tutti con sistemi previdenziali più generosi del nostro, almeno coloro che lavorano oggi per una pensione domani.

Oltretutto, bisogna evidenziare che mentre Berlino e Parigi hanno tagliato il cuneo fiscale (rispettivamente dello 0,9% e dell’1,7%) qui recentemente lo abbiamo aumentato dell’1,1%. E a questo bisogna aggiungere i costi occulti (giustizia civile, energia, infrastrutture, spesa per burocrazia e gestione fiscale…), la totale assenza di produttività dei fattori e in particolare di quella del lavoro. Sul tema, infatti, l’Italia è maglia nera tra i paesi industrializzati almeno dal 2001 e non è un caso che da decenni il declino italiano corra parallelo al crollo della produttività del lavoro, che ha una media annua inferiore di un quinto a quella Ue (+0,3% a fronte di +1,6%). Dal 2008, la Francia registra +9%, la Germania +7%, noi zero.

Ecco, non è sbagliato voler tagliare il costo del lavoro. Bisogna però ricordare che, se da un lato la cifra è davvero troppo bassa affinché l’effetto sia economicamente dirompente, d’altro canto sarebbe utile un piano strategico per invertire la rotta sterile della produttività italiana.

Tra le imprese il tema è assai noto. Studiosi ed economisti lo hanno analizzato e spiegato, proponendo approcci diversi, ma non così dissimili. Qualche politico se n’è accorto, ma si tratta ancora di una troppo sparuta minoranza perché si possa pianificare qualcosa di strutturale. Per adesso andiamo avanti con il taglio del costo del lavoro, ma se si vuole guardare un po’ più in là di qualche mese, è necessario farlo con “produttività”.

 

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